Cuba, febbraio 2011

Cuba: un isola che possiede una luce speciale, dona una vivacità vera a tutti i colori già veri. Probabilmente è questa luce che rende il più delle volte allegri e socievoli gli abitanti, pronti a condividere qualsiasi cosa abbiano, ad aiutare in ogni occasione, ad essere onesti e rispettosi, dei luoghi e delle persone.

Visitare Cuba è un pò come fare un tuffo negli anni ’50, ai tempi in cui la rivoluzione non era solo una pagina da raccontare. Ovunque vedi Chrysler e Cadillac dai colori sgargianti, riparate dai meccanici del posto come se le avessero costruite loro pezzo per pezzo, mostrando un’ esperienza in materia che gli permette di dare nuova vita a questi carrozzoni. Alzi lo sguardo e vedi grattacieli risalenti alla metà del secolo scorso, restaurati dal governo, poi lo abbassi e hai davanti case adattate che mostrano gli evidenti segni del tempo. Le famose contraddizioni sull’isola quasi sempre meravigliose nella loro peculiarità. Se cammini per le strade dell’Havana, che sia in centro o in periferia, puoi sentire, vedere, toccare l’odore di rum, e di ritmi musicali, gruppetti di cubani con strumenti al seguito pronti a dedicare brani dei Buena Vista Social Club, ed è semplice incontrare ballerini di salsa, bachata, rumba disposti ad coinvolgere turisti, cubani, passanti.

E’ una terra dove è ben visibile l’orgoglio per gli elevati standard di istruzione gratuita, i servizi sanitari, l’abbattimento della mortalità infantile paragonabile a quella dei paesi industrializzati. Ma la vedi bene la fatica di parte della popolazione che a volte non riesce a comprare da mangiare, o magari è costretta alla difficile coesistenza con altri parenti in un’unico appartamento, così come non è raro trovare gli scaffali vuoti nei negozi statali di ortofrutta o di altri generi alimentari. Inutile ribadire che queste sono soprattutto le conseguenze dell’embargo americano che Cuba deve affrontare dagli anni ’60 ormai. Ed è ancora il problema più grande.